Una cartolina in bianco e nero, che raffigura un luogo turistico di montagna, viene osservata e indagata in maniera ossessiva.
E’ un lavoro sul modo di guardare. Gli occhi, infatti, quando rivolgono lo sguardo verso qualcosa continuano in realtà a muoversi impercettibilmente.
Questi movimenti oculari sono significativi e generano la visibilità anche quando lo sguardo è fisso, perché se potessimo bloccarli le immagini scomparirebbero alla vista. E’ il movimento dell’osservare in funzione di un cercare, un inseguire e un desiderare qualcosa che attira la nostra attenzione, qualcosa che vogliamo scoprire, in cui volgiamo girovagare e infine perderci. Abbiamo sempre necessità di percorrere terre inesplorate, che siano le vette delle montagne ancora inviolate dall’uomo o quello che attira le nostre saccadi.
L’esplorazione dell’immagine è guidata da un movimento in parte umano, prima l’occhio poi la mano, e in parte meccanico, tramite l’uso di uno scanner, creando immagini altre ottenute senza l’uso della macchina fotografica. La scansione diventa un’osservazione digitale assistita dal movimento, che crea una distorsione manuale, non post-prodotta. Tramite la scansione questa immagine degli anni ‘60 è stata digitalizzata, mescolando così i sistemi analogici e quelli digitali in una specie di ibridazione tecnica.